Da sempre la pioggia è preziosa per il nostro pianeta. É difatti un bene di prima necessità in quanto si rende disponibile alla biosfera permettendo lo sviluppo della flora e della fauna e l’abitabilità degli umani. Ma su altri pianeti la pioggia è preziosa per ben altri motivi. Da alcuni studi eseguiti, si è arrivati alla conclusione che con molta probabilità su alcuni corpi celesti del nostro sistema solare si parla di pioggia di diamanti, ma come è possibile?
Parliamo precisamente dei quattro giganti gassosi (Giove, Saturno, Urano, Nettuno). Essendo gassosi non è possibile per gli astronauti camminare sulla loro superficie e, inoltre, la pressione esercitata dall’atmosfera sarebbe tale da distruggere anche il mezzo spaziale più resistente. Gli studi eseguiti mostrano come il metano sia uno dei principali gas presente. Due scienziati affiliati alla NASA, Mona Delitsky e Kevin Baines, e il dott. Dominik Kraus si son chiesti se questa pressione unita alla forte presenza di carbonio avrebbe potuto creare dei veri e propri diamanti. Hanno così studiato a lungo questi pianeti per confermare infine tale ipotesi.
Ma come avviene esattamente questa pioggia di diamanti?
“Tutto inizia nell’alta atmosfera, nei vicoli dei temporali, dove i fulmini trasformano il metano in fuliggine. Man mano che la fuliggine cade, la pressione su di essa aumenta. E dopo circa 1.000 miglia si trasforma in grafite, la forma simile a un foglio di carbonio che si trova nelle matite.“
Kevin Baines
I fulmini agiscono quindi sulle molecole di metano, liberando atomi di carbonio. Questi si legano gli uni agli altri dando origine a particelle più grandi di carbonio. Durante la discesa, che avviene a velocità abbastanza basse, tali particelle hanno a che fare con maggiori temperature e pressioni. Avviene prima una trasformazione in grafite per poi diventare dei veri propri diamanti ad una profondità di 6.000 km. Questi continuano a cadere, sotto forma di pioggia di diamanti, per altri 30.000 km. Su Giove e Saturno, più si scende verso il centro del pianeta e più la temperatura aumenta. Raggiunti quindi gli 8000 °C i diamanti si liquefarebbero formando una pioggia di diamanti liquidi. In questi pianeti quindi i diamanti non sono per sempre. Ma su Urano e Nettuno (i giganti di ghiaccio), avendo i nuclei più freddi, rimangono intatti.
Potremo sfruttare tale ricchezza?
Delitsky e Baines immaginano che un giorno sarà possibile sfruttare tali “miniere” planetarie. Affermando che in futuro probabilmente verranno utilizzate navicelle “minerarie” per recuperare tutto questo ben di Dio, ma non a scopo ornamentale, bensì come materiale di rivestimento ultraresistente per altre sonde da spedire nelle profondità del pianeta per recuperare l’elio-3, considerato come la fonte di energia ideale per le centrali a fusione di seconda generazione.
Alcuni negano però la possibilità che ci sia traccia di diamanti su questi pianeti. David Stevenson, del California Institute of Technology, non condivide le teorie sulla pioggia di diamanti, affermando che si, il metano è presente, ma questi pianeti son per la maggior parte formati da elio e idrogeno. “La termodinamica favorisce la miscelazione nello stesso modo in cui una piccola quantità di zucchero o di sale si scioglie in una grande quantità di acqua, meglio se ad alte temperature. Anche se si formasse della polvere di carbonio, questa si diluirebbe molto in fretta mano a mano che precipita verso gli strati più interni del pianeta“, precisa Stevenson. Quindi per ora si parla di una pioggia di diamanti grezzi, ma è ancora tutto abbastanza incerto.