Nel New Jersey, le donne iniziarono a votare prima di molte altre negli Stati Uniti, ma persero questo diritto nel 1807.
Alla fine del XVIII secolo, il New Jersey si distinse come uno dei pochi stati americani che concedeva il diritto di voto alle donne. Questo avvenne grazie a un’interpretazione ambigua della Costituzione statale risalente all’era della Rivoluzione. Questo documento, redatto in un periodo di grande cambiamento politico e sociale, non specificava chiaramente il genere degli aventi diritto al voto, ma piuttosto si riferiva a “tutti gli abitanti” che soddisfacevano determinati requisiti patrimoniali. Questa mancanza di specificità permise, almeno temporaneamente, alle donne di partecipare alle elezioni.
Nel 1790, il New Jersey andò oltre e formalizzò il diritto di voto per le donne attraverso una legge che riconosceva esplicitamente la possibilità di suffragio femminile. Questa legge si applicava alle donne bianche che possedevano una certa quantità di proprietà, un riflesso delle restrizioni economiche e sociali dell’epoca. Tuttavia, questo periodo di inclusione fu di breve durata e, entro il 1807, le donne persero nuovamente questo diritto.
L’abrogazione del diritto di voto femminile nel New Jersey nel 1807 fu una conseguenza di cambiamenti politici e sociali, accompagnati da accuse di frode elettorale e pressioni politiche. I detrattori del suffragio femminile sostenevano che le donne non erano realmente indipendenti nel loro voto, poiché spesso erano influenzate dai mariti o da figure maschili dominanti nelle loro vite. Queste accuse, insieme a un contesto politico in evoluzione, portarono alla rimozione del diritto di voto per le donne nello stato.
La legge del 1790 e l’espansione del suffragio
La legislazione del 1790 rappresentò un significativo passo avanti per i diritti delle donne nel New Jersey, e forse negli Stati Uniti in generale. Questa legge non solo riconobbe formalmente il diritto di voto femminile, ma servì anche come simbolo di un’epoca di sperimentazione democratica. Le donne che possedevano proprietà e pagavano le tasse erano considerate aventi diritto al voto, un concetto che sfidava le norme sociali del tempo.
Questa apertura legislativa era, tuttavia, limitata a un gruppo ristretto di donne, per lo più di ceto medio-alto e di origine europea. Il requisito patrimoniale escludeva molte donne, specialmente quelle di colore, le immigrate e le meno abbienti, che non avevano i mezzi per soddisfare tali richieste. Nonostante queste limitazioni, la legge del 1790 rappresentava un passo in avanti nel percorso verso l’uguaglianza di genere.

La revoca del diritto di voto nel 1807
La revoca del diritto di voto femminile nel 1807 fu motivata, in parte, da accuse di irregolarità nelle elezioni. Le elezioni erano state caratterizzate da un aumento delle tensioni politiche e da una crescente competitività tra i partiti. Le accuse di frode, spesso esagerate, furono utilizzate per giustificare la restrizione del suffragio e per mantenere lo status quo politico.
Questa decisione segnò un passo indietro significativo per i diritti delle donne, riflettendo un ritorno a norme sociali più restrittive. Il cambiamento legislativo del 1807 fu emblematico di un periodo in cui le donne furono sistematicamente escluse dai processi democratici, un’ingiustizia che avrebbe richiesto oltre un secolo per essere affrontata a livello nazionale con il 19° emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti.