Storia

Perché gli antichi romani vedevano alcuni dei nostri cibi quotidiani come veleno disgustoso?

La percezione degli alimenti per gli antichi romani

Al giorno d’oggi, pochi alimenti sono considerati tanto sani quanto la frutta fresca, i legumi e le erbe aromatiche. Una pesca matura, una manciata di lenticchie e una guarnizione di basilico profumato potrebbero costituire la base di una dieta mediterranea molto salutare. Tuttavia, per molti antichi romani e greci – in particolare i medici e i pensatori attivi nel Mediterraneo greco-romano tra il V secolo a.C. e il II secolo d.C. – questi erano cibi da affrontare con sincero scetticismo e talvolta con un disgusto totale.

Perché alcuni dei medici più influenti della storia mettevano in guardia contro ciò che oggi consideriamo nutrizione di base? Secondo la storica della scienza antica Dr. Claire Bubb, queste opinioni si svilupparono all’interno di una filosofia dietetica più ampia. “Non pensano in termini di vitamine”, spiega. Piuttosto, cercano di osservare cosa fa il cibo al corpo, basandosi su osservazioni empiriche del cibo, della digestione e della salute, almeno nella versione di salute compresa dalla scienza antica.

Il frutto odiato dagli antichi

Il frutto, in particolare, era visto con scetticismo. Galeno di Pergamo, uno dei medici più celebri dell’Impero Romano, guardava i frutti, specialmente le pesche, con sospetto perché “si decompongono rapidamente”. Per gli antichi medici, il deterioramento del frutto era visto come dannoso, potenzialmente portando a decomposizione anche all’interno dello stomaco.

Durante la giovinezza di Galeno, il consumo di frutta era strettamente regolamentato dal padre, che permetteva l’assunzione di frutta solo una volta all’anno. Tuttavia, da adolescente ribelle, Galeno esagerò nel consumo di frutta, sviluppando un’infezione cronica che attribuiva a quel comportamento sconsiderato. Questo episodio influenzò la sua visione negativa sui frutti, che considerava rischiosi.

L’erba maledetta: il basilico

Se il frutto era fonte di scetticismo, il basilico era visto con terrore. Nonostante oggi sia apprezzato per il suo sapore e aroma, gli antichi lo trattavano con sospetto. “Il basilico è velenoso”, sostenevano gli antichi medici, credendo che lasciato al sole potesse generare spontaneamente insetti o scorpioni. Questa credenza era parte della teoria della generazione spontanea, secondo cui la materia in decomposizione poteva produrre nuovi esseri viventi.

Il basilico in decomposizione emanava un odore sgradevole, suggerendo agli antichi che potesse causare decomposizione interna se consumato. Questo timore persistette nei testi medici e erboristici per secoli, influenzando diete e pratiche farmacologiche fino al medioevo.

Al contrario del basilico, le lenticchie erano accettate dai pensatori medici greco-romani, ma con moderazione. La teoria umorale, che regolava la medicina greca, analizzava il cibo in base all’equilibrio dei quattro fluidi corporei. Le lenticchie, se consumate in eccesso, potevano causare squilibri, disturbando la salute.

Le risposte digestive alle lenticchie erano considerate strumenti diagnostici preziosi. Se la loro assunzione provocava flatulenza, suggeriva che stessero causando reazioni digestive particolari. Pertanto, una semplice zuppa di lenticchie poteva essere vista come una minaccia alla salute dagli antichi.