Storia

Juneteenth: più di una festa, una memoria viva di libertà e resistenza afroamericana

Ogni estate, Juneteenth rappresenta molto più di una semplice festa negli Stati Uniti: è un potente momento di commemorazione della libertà e della lotta del popolo afroamericano.

Il termine “Juneteenth” nasce dalla fusione di “June” (giugno) e “nineteenth” (diciannove), e si riferisce al 19 giugno 1865, giorno in cui le truppe federali dell’Unione raggiunsero Galveston, in Texas, per proclamare ufficialmente la fine della schiavitù. Ma per gli afroamericani schiavizzati, quella libertà arrivava con amaro ritardo: la Proclamazione di Emancipazione di Lincoln era stata emessa più di due anni prima, e solo con l’arrivo dell’esercito la fine della schiavitù divenne realtà anche nei territori più remoti.

Oltre 250.000 persone afroamericane schiavizzate in Texas iniziarono così, in poche settimane, a reclamare la propria libertà. Già l’anno successivo, iniziarono a commemorare questo evento storico. E, come ricordato dallo storico Quintard Taylor, nel 1900 Juneteenth era celebrato in Texas più del 4 luglio, come un giorno di orgoglio, memoria e sopravvivenza.

Resistere celebrando: la costruzione di una memoria collettiva

Juneteenth nacque dall’iniziativa diretta delle comunità afroamericane liberate. Donne, chiese e associazioni civiche si organizzarono per creare spazi di celebrazione e memoria. A Houston, nel 1872, furono acquistati dieci acri di terreno — ribattezzati Emancipation Park — per ospitare le celebrazioni annuali.

Picnic, parate, danze, rodei e riunioni familiari diventarono strumenti di affermazione culturale. In un’epoca segnata dalla segregazione razziale e dalle leggi di Jim Crow, ogni riunione comunitaria era un atto di resistenza. Juneteenth divenne anche un archivio vivente, in cui si tramandavano le storie dei sopravvissuti alla schiavitù e si ricostruivano legami familiari spezzati.

Da celebrazione locale a simbolo nazionale

Con il passare del tempo, Juneteenth oltrepassò i confini del Texas. La Grande Migrazione afroamericana verso il Nord e l’Ovest degli Stati Uniti, insieme alle guerre mondiali, portò la festa in città come Milwaukee, Seattle e Los Angeles. Durante il movimento per i diritti civili degli anni ’60, la celebrazione continuò a crescere a livello comunitario.

Il cammino di Juneteenth verso il riconoscimento nazionale riflette la continua battaglia per la libertà afroamericana. Nel 1980, il deputato texano Al Edwards riuscì a farla diventare festa statale. Un risultato non scontato, come ha ricordato la storica Annette Gordon-Reed, in uno stato più incline a celebrare il mito del cowboy che a fare i conti con il proprio passato.

Il riconoscimento federale

Negli anni ’90 e 2000, sempre più stati iniziarono a riconoscere Juneteenth. L’ascesa del Movimento Black Lives Matter negli anni 2010, nato in risposta alla violenza della polizia, riportò con forza il tema della memoria e della giustizia al centro del dibattito pubblico.

Nel 2016, l’attivista ed educatrice Opal Lee, allora ottantanovenne, lanciò una campagna simbolica: camminare da Fort Worth, Texas, fino a Washington D.C. per chiedere al Congresso il riconoscimento di Juneteenth come festa federale. La sua tenacia e quella di tante comunità afroamericane ha portato al risultato tanto atteso: nel 2021, Juneteenth è diventata ufficialmente una festa nazionale negli Stati Uniti.

Juneteenth non è solo una festa: è un atto di memoria, un simbolo di resistenza e un invito a non dimenticare mai che la libertà, per molti, è arrivata tardi e a caro prezzo.