Un paese più unico che raro che non conosce nessuno: l’assurda storia di questo posto al limite dell’impensabile.
Immagina un luogo dove il freddo è così intenso che la morte stessa è stata messa al bando. Non è una leggenda artica né l’incipit di un racconto distopico. È una cittadina reale, isolata tra i ghiacci del circolo polare artico, dove la legge impone una regola fuori dall’ordinario: nessuno può morire.
A Longyearbyen, nell’arcipelago norvegese delle Svalbard, la vita segue ritmi diversi da quelli del mondo continentale. Il sole può non tramontare per mesi, oppure non sorgere affatto. Ma tra le sue peculiarità, ce n’è una che colpisce più di tutte: non si può essere sepolti lì. O meglio, se muori, devi andartene.
Questa norma, per quanto assurda possa sembrare, ha una motivazione concreta. Non nasce da una credenza, ma da una necessità biologica. È la terra stessa a rifiutare i morti. O meglio, il permafrost — il suolo perennemente ghiacciato — impedisce la decomposizione dei corpi, conservandoli per anni come in una sorta di ibernazione naturale.
All’inizio poteva sembrare un semplice ostacolo tecnico, ma negli anni Venti del Novecento accadde qualcosa che cambiò tutto. Durante un’epidemia di influenza spagnola, le autorità scoprirono che il virus era rimasto attivo nei cadaveri sepolti nel ghiaccio. Da allora, la sepoltura fu vietata per legge.
Una legge nata dal ghiaccio
Oggi chi vive a Longyearbyen sa bene che, in caso di malattia grave o vecchiaia, dovrà essere trasferito altrove. I malati terminali vengono trasportati sulla terraferma, e nessun funerale può essere celebrato sul posto. Anche le donne incinte, vicine al parto, devono lasciare la città per garantire assistenza medica adeguata.
Il piccolo cimitero locale è simbolico: nessuna nuova tomba viene aperta da decenni. I resti del passato sono lì, ancora integri, come congelati nel tempo. È un luogo che ricorda quanto l’ambiente artico possa essere implacabile anche con i morti.

Il villaggio dove si vive (e si muore) altrove
Questa regola ha fatto di Longyearbyen un caso unico al mondo. Con poco più di 2.000 abitanti, è uno dei centri abitati più a nord del pianeta. Ma nonostante la sua remota posizione, è dotata di scuole, ristoranti, persino università. Eppure, non c’è spazio per la morte.
In un mondo dove la fine della vita è parte del ciclo naturale, Longyearbyen rappresenta un’eccezione. Un luogo dove il freddo ha riscritto le regole dell’esistenza, e dove anche morire diventa un viaggio.