Cosa accade agli animali esotici quando il loro proprietario non c’è più? Un problema sempre più urgente per rifugi e volontari.
Quando si parla di animali domestici, si pensa subito a cani e gatti. Ma c’è un mondo a parte, quello degli animali esotici, che pone problemi molto diversi, soprattutto quando il proprietario viene a mancare. Se un cane può facilmente essere accolto da un amico o un familiare, non si può dire lo stesso di un pappagallo che vive 70 anni, una tartaruga gigante o un drago barbuto.
Chi sceglie di adottare uccelli tropicali, rettili o altri animali insoliti lo fa per passione, ma spesso non si ferma a pensare a cosa succederà quando non potrà più occuparsene. Alcuni di questi animali hanno una vita incredibilmente lunga: una testuggine africana può arrivare a 150 anni, un pappagallo amazzone supera facilmente i 60. E poi c’è il problema della gestione quotidiana: non sono animali semplici, richiedono cure specializzate, spazi adeguati e molta esperienza.
Dopo il Covid, i rifugi per animali esotici hanno visto un aumento impressionante di richieste di affido. Durante i lockdown, molte persone hanno adottato pappagalli, serpenti o tartarughe senza rendersi conto di quanto fosse impegnativo prendersene cura. Poi, con il ritorno alla normalità, tanti si sono trovati in difficoltà e hanno cercato di disfarsene. Il problema? I rifugi sono già pieni e trovare una sistemazione per questi animali è sempre più complicato.
La soluzione ideale sarebbe pianificare il futuro del proprio animale, magari inserendolo nel testamento o accordandosi con qualcuno disposto a prendersene cura. Ma in realtà pochi lo fanno, e così il destino di questi animali viene deciso all’ultimo momento, spesso in fretta e senza tenere conto delle loro necessità.
Il caso di Louisa Jaskulski e i suoi animali senza una casa
Una storia che racconta bene questo problema è quella di Louisa Jaskulski, una donna di Sedona, in Arizona, che ha dedicato la vita ai suoi animali esotici. Nel 2023, a 77 anni, è morta nel sonno, pochi giorni dopo un’operazione al cuore. Aveva scelto di tornare a casa invece di restare in riabilitazione, perché voleva stare con loro. Il giorno prima di morire, un’amica l’ha trovata dentro la gabbia del suo lorichetto Travis. Nonostante fosse debole e con i piedi gonfi, la sua priorità erano gli animali, non la sua salute.
Alla sua morte, ha lasciato dietro di sé un piccolo zoo casalingo: tre pappagalli amazzoni, tre lorichetti, due tortore, quattro piccioni, una coppia di fringuelli, due tartarughe del deserto, un drago barbuto e uno skink dalla lingua blu. Tutti animali salvati da situazioni difficili. Ma il vero problema? Louisa non aveva fatto piani per loro. Nessun accordo scritto, nessuna decisione presa in anticipo. Così, gli amici e i volontari delle associazioni di recupero si sono dovuti muovere in fretta per cercare una nuova casa a tutti.

Rifugi al limite e animali difficili da ricollocare
Storie come quella di Louisa non sono rare. Rifugi come il Mickaboo Companion Bird Rescue in California o l’Oasis Sanctuary in Arizona ricevono continuamente pappagalli, iguane, testuggini e altri esemplari lasciati senza padrone. Trovare una nuova sistemazione per questi animali è una sfida enorme, soprattutto per quelli più longevi o difficili da gestire. I pappagalli, ad esempio, possono essere rumorosi, aggressivi e molto esigenti, mentre le tartarughe giganti richiedono spazi enormi e possono vivere più di un secolo.
Gli esperti insistono: chi ha un animale esotico dovrebbe pensare per tempo a cosa succederà dopo la propria morte. Mettere tutto nero su bianco in un testamento, parlarne con amici e parenti, o contattare in anticipo un rifugio può fare la differenza. Altrimenti, il rischio è che questi animali finiscano in mani sbagliate o vengano semplicemente abbandonati al loro destino.