Il mese di marzo è dedicato alle donne. L’8 di questo mese, giorno universalmente riconosciuto come “Festa della donna”, si celebrano le lotte sociali e politiche che le donne hanno compiuto per raggiungere i pieni diritti. Nonostante i secoli di cammino verso la parità dei sessi, in tutto il mondo milioni di donne subiscono ancora discriminazioni, ed è il motivo per cui questa “festa” oggi è ancora necessaria. In Italia, la giornata è stata istituzionalizzata nel 1922, tredici anni dopo la sua nascita negli Stati Uniti.
Ma come è nata questa ricorrenza?
Prima di raccontare la sua storia, sfatiamo un mito: no, la festa della donna non c’entra nulla con la tragedia delle operaie morte sul lavoro. Per molto tempo l’8 marzo è stato associato allo scoppio di un incendio nella fabbrica tessile Cotton di New York, dove delle lavoratrici avrebbero perso la vita dopo essere state bloccate all’interno dal padrone. Tuttavia, la fantomatica filandra Cotton non è mai esistita. L’evento, nell’immaginario collettivo, era generalmente fatto risalire al 1908, ma in realtà viene confuso con un altro incendio avvenuto nel 1911, sempre nella Grande Mela, in cui morirono 146 persone tra cui molte donne.
Un’altra leggenda metropolitana vuole che l’8 marzo sia nato per ricordare la violenta repressione della polizia a un corteo di protesta di operaie tessili, nel 1857. Negli anni ’70 gruppi di studiose femministe smentirono entrambe le versioni, che iniziarono a circolare a partire dal secondo dopoguerra. Eppure il racconto erroneo sulle sue origini è sopravvissuto fino ad oggi. In particolare furono due femministe storiche , Tilde Capomazza e Marisa Ombra, ad identificare il falso storico.
Festa della donna: la vera storia
In realtà, la storia della Giornata internazionale dei diritti della donna (questo il nome completo) ha inizio nel 1907, durante il Congresso della II Internazionale socialista di Stoccarda, a cui parteciparono le personalità marxiste più importanti dell’epoca, come Rosa Luxemburg e Lenin. Nei giorni del Congresso furono ritagliati spazi di discussione dedicati totalmente alla questione femminile, e si cominciò a parlare seriamente della rivendicazione del voto alle donne. Insomma, le donne erano entrate a far parte sul serio dell’agenda politica. E come ogni cosa rivoluzionaria, la cosa si trascinò dietro anche delle polemiche, soprattutto di natura ideologica.
I marxisti infatti vollero escludere dalla loro riflessione politica le femministe borghesi, per un chiaro conflitto di classe, ma la cosa non andava affatto bene alla socialista Corinne Brown. La statunitense Brown scrisse sulla rivista The Socialist Woman, nel febbraio del 1908, che il Congresso non aveva «alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione». Sempre Brown, nello stesso anno, tenne una conferenza a Chicago sullo sfruttamento (operaio e sessuale) dei datori di lavoro nei confronti delle donne. A quella conferenza erano invitate soprattutto le donne, e così quella giornata venne chiamata “Woman’s day.”
Quell’iniziativa non ebbe molto successo, ma verso la fine dell’anno il Partito Socialista Americano raccomandò a tutte le sezioni di seguire l’esempio di Corinne Brown. E così, negli Stati Uniti la prima vera e propria giornata della donna ebbe luogo il 23 febbraio 1909. Nel giro di un anno la giornata guadagnò fama ed importanza, soprattutto a seguito dello sciopero di massa delle camiciaie: furono ventimila le lavoratrici che protestarono a New York per ben tre mesi, sotto la guida del partito. Forti ormai del consenso popolare, le socialiste americane proposero al Congresso del 1910 di istituire ufficialmente la giornata dei diritti delle donne.
Negli USA continuò ad essere celebrata a febbraio, mentre in Europa la data cambiava a seconda dei paesi: ad esempio, in Germania fu scelto il 19 marzo perché in quella data, nel 1848, il re di Prussia avrebbe fatto la promessa (mai mantenuta) di riconoscere il diritto di voto alle donne. In Francia invece fu scelto il 18 marzo, in quanto anniversario della Comune di Parigi.
L’otto marzo
Per arrivare all’8 marzo bisogna attendere il 1917, quando le donne socialiste sfilarono per le strade di San Pietroburgo invocando la fine della prima guerra mondiale (nel calendario giuliano, allora in vigore in Russia, era il 23 febbraio). Non a caso, l’8 marzo 1917 è anche considerato l’inizio della Rivoluzione russa, che portò al rovesciamento dello zarismo. A memoria di questo evento, nel 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste stabilì che l’8 marzo diventasse la Giornata internazionale dell’operaia. Da allora, la ricorrenza si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo.
In Italia la festa della donna fu celebrata per la prima volta nel 1922, ma il 12 marzo. Fu nel 1944 che venne spostata all’8, così come deciso dall’UDI (Unione Donne Italiane). Due anni dopo, nel 1946, l’UDI scelse anche la mimosa come simbolo ufficiale della giornata.
Festa della donna: perché la mimosa?
L’atto di donare la mimosa è un’usanza tutta italiana: a proporre il fiore furono Rita Montagnana (moglie di Palmiro Togliatti) e Teresa Mattei. Perché la mimosa? Semplice: è di stagione e facile da reperire a basso costo. La proposta fu messa ai voti in gara con altri due fiori, gli anemoni e garofani, ma ad avere la meglio fu proprio la pianta gialla, perché forte, bella, cresciuta nel mezzo dell’inverno, sbocciata all’avvicinarsi della primavera.
A prescindere dalle sue origini, una cosa è certa: di questa giornata ce n’è ancora bisogno. E ahimé, ce ne sarà bisogno ancora per molto tempo. Perché nessuna donna può dirsi veramente libera fino a quando non lo saranno tutte le donne, davvero.