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Shell contro le comunità locali: in Sudafrica si decide il futuro delle esplorazioni offshore

Le popolazioni della Wild Coast portano il colosso del petrolio davanti alla Corte Costituzionale per difendere l’oceano, la biodiversità e i diritti culturali del popolo Mpondo.

Martedì scorso, la Corte Costituzionale del Sudafrica ha ascoltato le argomentazioni delle comunità costiere, delle ONG ambientaliste e della multinazionale Shell in un caso che potrebbe cambiare il corso delle future esplorazioni petrolifere al largo della costa sudafricana.

Al centro del dibattito: la Wild Coast, una delle aree più incontaminate del Paese, ma anche una regione ricca di biodiversità e di significato culturale per il popolo Mpondo, che da generazioni vive in simbiosi con l’oceano.

Le proteste contro le attività petrolifere offshore si sono moltiplicate in tutto il Paese, mentre si attende la decisione della corte sul ricorso presentato da Shell e dalla compagnia Impact Africa. Entrambe mirano a ottenere il diritto di esplorazione per la ricerca di gas e petrolio nella zona.

Una storia iniziata nel 2014

Tutto ha avuto inizio nel 2014, quando il Ministero delle Risorse Minerarie sudafricano ha concesso a Impact Africa – controllata da una società britannica – l’autorizzazione a effettuare indagini sismiche lungo la Wild Coast, nella provincia del Capo Orientale. Successivamente, Shell ha acquisito il 50% dei diritti di esplorazione.

Nel 2021, le comunità locali, tra cui pescatori artigianali, attivisti ambientali e difensori dei diritti umani, hanno portato la questione in tribunale. Hanno accusato il governo di non aver condotto una consultazione pubblica adeguata e di non aver valutato correttamente i rischi ambientali e culturali. Secondo loro, le indagini sismiche – che consistono in potenti esplosioni sonore sottomarine – potrebbero danneggiare la fauna marina e rompere il legame spirituale delle comunità con l’oceano.

Nel 2022, un giudice ha dato loro ragione, dichiarando illegittima l’autorizzazione all’esplorazione. Tuttavia, Shell e Impact Africa hanno fatto ricorso, e nel maggio 2024 la Corte Suprema d’Appello ha sospeso la sentenza precedente, permettendo alle aziende di rinnovare i propri permessi. Da qui, l’ulteriore ricorso presentato questa settimana alla Corte Costituzionale.

Diritti costituzionali e dovere di consultazione

Le discussioni in aula si sono concentrate sul diritto delle comunità indigene a essere consultate prima che vengano intraprese attività potenzialmente dannose sul loro territorio. Le comunità Mpondo hanno ribadito il valore sacro dell’oceano nelle loro pratiche spirituali e nella loro economia quotidiana. La difesa ha sollevato la questione se il governo abbia rispettato gli obblighi costituzionali nella concessione dei permessi.

Il caso tocca anche il delicato equilibrio tra sviluppo economico e giustizia ambientale, in un’epoca in cui la protezione dei diritti delle comunità locali e degli ecosistemi è sempre più centrale nel dibattito internazionale.

Un verdetto che potrebbe fare scuola

La decisione della Corte Costituzionale non riguarderà solo il progetto Shell sulla Wild Coast. Potrebbe creare un precedente giuridico che influenzerà tutte le future autorizzazioni per attività estrattive in Sudafrica – e, potenzialmente, anche in altri Paesi con contesti simili.

Le ONG sperano che la corte confermi i principi stabiliti dalla sentenza del 2022, imponendo standard più severi per la consultazione pubblica e la protezione dell’ambiente. Una sentenza favorevole alle comunità locali rafforzerebbe il concetto di sviluppo sostenibile, in cui economia, ambiente e cultura devono coesistere nel rispetto reciproco.

Il verdetto è atteso nei prossimi mesi, ma intanto la battaglia legale tra le comunità della Wild Coast e Shell è già diventata un simbolo della resistenza globale contro l’estrattivismo incontrollato.