Le novità della settimana: tra serie, cinema, musica e racconti di vita.
La serie “Girls”, creata da Lena Dunham, si era distinta per il suo approccio realistico alla vita di quattro giovani newyorkesi. Lontana dalle atmosfere patinate di “Sex and the City”, proponeva un ritratto autentico della giovinezza, evidenziando incertezze, errori e situazioni imbarazzanti con una vena ironica. La protagonista, Hannah Horvath, diventava emblema di una femminilità imperfetta ma autentica, capace di mostrarsi senza filtri.
Lena Dunham torna ora con un nuovo progetto, la serie “Too Much”, disponibile su Netflix. La protagonista, Jess, interpretata da Megan Stalter, lascia New York per Londra dopo una delusione sentimentale. Il racconto segue il suo percorso di adattamento in una città idealizzata, lontana però dalle sue aspettative. Tra scontri culturali e introspezione, la serie esplora i temi della rinascita e dell’identità in un contesto nuovo.
Jess si confronta con una visione romantica dell’Inghilterra ispirata ai romanzi di Jane Austen e alle commedie romantiche, mentre osserva con ossessione l’ex fidanzato sui social. L’incontro con Felix, un musicista londinese, apre una nuova prospettiva e mette in discussione le sue illusioni. Il racconto si arricchisce di momenti ironici e riflessivi, ispirati anche all’esperienza personale della creatrice. Secondo la critica Jane Steventon, la serie evidenzia come fragilità, caos ed emotività siano parte integrante della costruzione dell’identità femminile.
Il lato oscuro della tecnologia in “Shrouds” di Cronenberg
In un registro completamente diverso, il regista David Cronenberg presenta il film “Shrouds”, che affronta i temi del lutto e della tecnologia. Il protagonista Karsh, interpretato da Vincent Kassel, sviluppa un dispositivo che permette di osservare, attraverso un collegamento video, la decomposizione del corpo della moglie defunta. Un espediente che confonde i confini tra vita e morte.
Il film propone una riflessione sui limiti della tecnologia e sul bisogno di controllo, affrontando il dolore con un approccio inquietante ma personale. La critica Laura Flanagan evidenzia come la narrazione, pur partendo da un presupposto disturbante, riesca ad aprire un dibattito sul modo in cui le esperienze intime vengono mediate e trasformate dalla tecnologia.

“Virgin” di Lorde: un concept album sull’identità
La cantante neozelandese Lorde pubblica il nuovo album “Virgin”, un’opera che intreccia musica e performance visiva. Secondo la recensione di Lillian Hingley, l’album rappresenta un’esplorazione dell’identità femminile attraverso un percorso di trasformazione e consapevolezza. I brani e i video che li accompagnano mettono in scena l’evoluzione del corpo e dell’interiorità dell’artista, affrontando con sincerità i cambiamenti della vita.
Tra i temi affrontati ci sono la sessualità, il corpo, la libertà di espressione e la ricerca di sé. L’opera si ispira al pensiero di Simone de Beauvoir, secondo cui la femminilità è un processo dinamico e non una condizione data. “Virgin” diventa così una celebrazione di questa ricerca individuale, fatta di rischi, gioie e contraddizioni.
“The Story of a Heart”: dolore e rinascita nel racconto di Rachel Clarke
Il libro “The Story of a Heart” di Rachel Clarke, vincitore del Women’s Prize for Non-Fiction, racconta la storia di due bambini: Max Johnson, affetto da una grave patologia cardiaca, e Keira Ball, la cui morte ha permesso la donazione dell’organo che ha salvato la vita di Max. Il testo affronta il tema della donazione di organi con sensibilità e profondità.
Secondo la ricercatrice Leah McLaughlin, il libro restituisce in modo autentico la complessità emotiva che accompagna un gesto tanto doloroso quanto salvifico. Clarke descrive l’intreccio tra perdita e speranza, mostrando come, in alcuni casi, un lutto devastante possa trasformarsi in una possibilità di vita per qualcun altro.