Le sonde spaziali possono ottenere un notevole impulso rubando energia dai pianeti
Quando si parla di esplorazione spaziale, la distanza e il consumo di energia sono due dei principali ostacoli che le agenzie spaziali devono affrontare. Le sonde spaziali, progettate per viaggiare verso i confini del nostro sistema solare e oltre, necessitano di enormi quantità di energia per coprire distanze così vaste. Tuttavia, una tecnica ingegnosa chiamata “assistenza gravitazionale” o “fionda gravitazionale” permette alle sonde di guadagnare velocità e coprire maggiori distanze senza consumare carburante aggiuntivo.
L’assistenza gravitazionale sfrutta la gravità di un pianeta per accelerare una sonda spaziale. Questo principio si basa sulla dinamica dei corpi celesti e sulla conservazione dell’energia e del momento angolare. Quando una sonda si avvicina a un pianeta, entra nel suo campo gravitazionale e ne viene attratta. Durante il passaggio ravvicinato, la sonda acquisisce velocità grazie all’attrazione gravitazionale, che la catapulta verso la sua destinazione successiva con maggiore velocità.
Questa tecnica è stata utilizzata per la prima volta negli anni ’60 e da allora è diventata uno strumento essenziale per le missioni spaziali. Non solo riduce il tempo di viaggio, ma consente anche di risparmiare una quantità significativa di carburante, rendendo le missioni più efficienti in termini di costi. Ogni assistenza gravitazionale deve essere pianificata con precisione per massimizzare il guadagno di velocità senza compromettere la traiettoria della sonda.
Nonostante la complessità delle operazioni coinvolte, l’assistenza gravitazionale offre un esempio brillante di come la scienza e la matematica possano essere applicate per superare le sfide dell’esplorazione spaziale. Attraverso calcoli accurati e una profonda comprensione della meccanica celeste, le sonde possono sfruttare i campi gravitazionali dei pianeti per ottenere un impulso significativo.
Il funzionamento della fionda gravitazionale
La fionda gravitazionale funziona in modo simile a una fionda tradizionale, ma su scala cosmica. Quando una sonda si avvicina a un pianeta, entra in una sorta di danza orbitale. Il pianeta esercita una forza gravitazionale sulla sonda, accelerandola e modificandone la traiettoria. Questo processo non richiede che la sonda consumi carburante, poiché è la gravità stessa a fornire l’energia necessaria per l’accelerazione.
Il guadagno di energia della sonda è bilanciato da una perdita di energia cinetica del pianeta, anche se in misura infinitesimale. Questo perché la massa del pianeta è enormemente superiore a quella della sonda, rendendo la perdita di velocità del pianeta praticamente trascurabile. In termini pratici, la velocità della sonda aumenta in modo significativo, permettendole di proseguire il suo viaggio interstellare.

Esempi storici di assistenza gravitazionale
Un esempio emblematico di assistenza gravitazionale è la missione Voyager della NASA. Le sonde Voyager 1 e 2, lanciate nel 1977, hanno sfruttato l’assistenza gravitazionale di Giove e Saturno per accelerare e dirigersi verso i limiti del sistema solare. Senza questa tecnica, le sonde non avrebbero potuto raggiungere le loro destinazioni con il carburante a disposizione.
Più recentemente, la sonda Juno ha utilizzato l’assistenza gravitazionale della Terra per incrementare la sua velocità e dirigersi verso Giove. Questa manovra ha permesso a Juno di ottenere l’energia necessaria per proseguire il suo viaggio e studiare il gigante gassoso. Anche la missione New Horizons, diretta verso Plutone, ha beneficiato di una spinta gravitazionale da parte di Giove nel suo tragitto.