Natura

Come i fiori hanno trasformato la vita delle donne nel XVII secolo

La trasformazione delle piante esotiche nel XVII secolo

Anna Buckett non aveva mai visto un ananas. Eppure, il 12 luglio 1656, prese la decisione audace di ricamarne uno. Sebbene i suoi punti fossero raffinati e dimostrassero destrezza, il risultato era più artistico che realistico: l’ananas rosso assomigliava a una gelatina mostruosa con gambe di scarafaggio. In mezzo ai suoi ricami di garofani, viole del pensiero e caprifogli, l’ananas – originario di paesi come il Brasile e il Suriname, che non avrebbero avuto successo nei giardini inglesi fino al 1700 – appariva fuori posto. Anna potrebbe non aver mai visto un ananas vero, ma forse ne aveva visto delle immagini, come quella del 1535 nel libro “Historia General de las Indias” di Gonzalo de Oviedo.

Forse Anna era la Anne Buckett battezzata nel maggio 1643 a Middlesex, o l’Ann Becket battezzata nel dicembre 1644 nel Surrey. Come molte altre figlie di mercanti o gentiluomini, imparava le arti gentili, ricamando giardini che vedeva o immaginava. Le creazioni dell’epoca erano popolate da pavoni, pappagalli, leoni, leopardi e girasoli provenienti da terre straniere. Nel XVII secolo, i viaggi verso nuove colonie trasformarono piante come tabacco e canna da zucchero in profitto, riportando piante esotiche che facevano diventare reale il mondo lontano per le donne a casa.

I giardini delle donne e la loro influenza culturale

Nel 1629, John Parkinson dedicò il suo libro di fiori, “Paradisi in Sole”, alla regina Enrichetta Maria, moglie di Carlo I, affermando che il lavoro sembrava destinato alle sue mani. I fiori più esotici e “strani” erano i più alla moda. Le patate del Canada, con i loro piccoli fiori gialli, un tempo stufate come “leccornie per una regina”, erano diventate così comuni da essere disprezzate dai più. “Paradisi in Sole” aprì la strada alla conoscenza per le “gentildonne”, invitandole a esplorare i loro giardini domestici.

Nel XVII secolo, i fiori introdussero nuovi paesaggi olfattivi oltre che visivi. I fiori d’arancio, originari della Cina, erano molto apprezzati dalle signore e dalle regine. Anche i fiori come il gelsomino, il fiore d’arancio e la delicatezza del tuberosa messicana profumavano donne di ogni ceto. Satire e poesie dell’epoca, come “Pendragon, or, The Carpet Knight his Kalendar”, sottolineavano l’impatto di questi profumi esotici.

Il ruolo delle donne nella botanica e nell’economia delle piante

Non solo le duchesse, ma anche donne come “Mistresse Thomasin Tunstall” si interessavano alla botanica, collezionando piante rare. Le note marginali nei suoi libri di botanica mostravano la sua consapevolezza dei vegetali esotici. Le donne lavoravano con queste piante, studiandole e collezionandole, nonostante spesso fossero pagate meno degli uomini per lo stesso lavoro, come dimostrano i registri dei giardini reali.

Il lavoro delle donne non passava inosservato: Celia Fiennes descriveva una statua di una “vecchia donna diserbante” in modo così realistico da sembrare viva. Gli arazzi di Mortlake raffiguravano donne che diserbavano, indicando il valore e l’importanza del loro lavoro nei giardini. Le donne plasmarono le piante esotiche in emblemi di moda e arte, trasformando fiori stranieri in profumi, medicine e cibi.

Alla fine, i fiori esotici avevano anche un lato oscuro. Il commercio di piante esotiche dipendeva dalle rotte imperiali, che spesso trasportavano anche schiavi. Sebbene difficile da valutare, è probabile che le donne del tempo non fossero del tutto consapevoli dell’impatto delle loro azioni. Tuttavia, attraverso i giardini, le donne del XVII secolo riuscirono a sperimentare un mondo più vasto e a contribuire alla sua trasformazione, come fece Anna Buckett con il suo ricamo di un ananas, simbolo di un mondo lontano ma ormai parte della loro realtà.