Storia

Arte preistorica e simbolismo: cosa rappresenta davvero la Venere di Willendorf?

Una statuetta misteriosa tra arte, lunghi spostamenti e visioni del corpo femminile nella vita quotidiana e simbolica della preistoria.

Molto prima dei geroglifici egizi o dei templi greci, c’era un altro tipo di linguaggio, fatto di pietra e silenzio. L’uomo preistorico, senza penne né papiro, raccontava storie attraverso incisioni, graffiti e piccole sculture. E proprio in quel mondo antico e misterioso, dove il simbolismo aveva un peso che oggi possiamo solo provare a intuire, nasce qualcosa di sorprendente: le cosiddette Veneri. Figurine femminili dalle forme accentuate, ricche di significato, anche se—spoiler—non abbiamo ancora capito esattamente quale.

Tra tutte, una in particolare ha conquistato l’immaginario collettivo: la Venere di Willendorf. Piccolissima, ma con un impatto gigantesco, questa statuetta ha lasciato perplessi e affascinati generazioni di archeologi e curiosi. Sarà per la sua silhouette esagerata, sarà per il mistero che porta con sé, fatto sta che ancora oggi se ne parla come di un’icona. Ma è solo arte? O un oggetto sacro? O magari un messaggio? Ecco, è qui che cominciano le domande a cui nessuno ha dato una risposta definitiva.

Eppure, una cosa è certa: chi ha creato la Venere voleva comunicare qualcosa. Non è un ritratto, non è un giocattolo. È un oggetto simbolico, forse usato nei rituali, o come talismano. Ma quale fosse il vero scopo, resta una questione aperta. Certo è che queste figure femminili, distribuite in vari luoghi d’Europa, indicano una certa omogeneità culturale. Cioè, nonostante le distanze, le idee circolavano. E questo fa già riflettere.

Poi, guardandola da vicino (non letteralmente, eh), si notano particolari interessanti. Niente piedi, volto assente, ma una presenza fisica fortissima. Seno pronunciato, fianchi larghi, ventre evidente. Un corpo che parla, anche se non sappiamo esattamente cosa ci stia dicendo.

Le origini della statuetta e il mistero del materiale

Questa piccola scultura—alta poco più di 11 cm, quindi proprio tascabile—è stata trovata nel 1908, vicino a Willendorf, lungo il Danubio, non troppo distante da Vienna. Gli archeologi l’hanno datata a circa 30.000 anni fa. Siamo nel pieno dell’ultima era glaciale. Un altro dettaglio curioso? La materia con cui è stata realizzata: calcare oolitico. E no, non si trova nella zona dove è stata scoperta. Già questo è strano.

Grazie a delle scansioni 3D, praticamente delle TAC in miniatura, si è scoperto che la roccia potrebbe provenire dal nord Italia, più precisamente dall’area a sud delle Alpi. Quindi, o la statuetta è stata fatta lì e poi portata in Austria, oppure hanno trasportato solo il materiale per scolpirla più tardi. In ogni caso, la Venere ci dice che i nostri antenati avevano una rete di contatti. Magari non veloce come una mail, ma funzionale. Ecco, questo già la rende un oggetto molto più “internazionale” di quanto si pensasse.

Riproduzione della Venere di Willendorf
Riproduzione della Venere di Willendorf (Depositphotos foto) – www.qrios.it

Un simbolo condiviso o una visione moderna?

Fino ad oggi sono state trovate circa 200 statuette simili sparse per l’Europa. Ma quella di Willendorf è l’unica fatta con questo tipo specifico di pietra. Strano, no? Chissà se il materiale aveva un valore simbolico particolare. In ogni caso, le forme sono simili: corpi abbondanti, curve marcate, seni enormi. E qui partono le ipotesi. Alcuni studiosi pensano che si tratti di icone della fertilità, magari legate al desiderio di sopravvivenza in un’epoca in cui la vita era tutt’altro che garantita.

Altri, invece, vedono in queste forme un certo valore erotico. In fondo, avere un corpo ben nutrito durante un’era glaciale poteva essere un vantaggio, un ideale quasi irraggiungibile. C’è anche una teoria, del 2011, che dice che la statuetta potrebbe rappresentare una donna adulta, sopravvissuta a più gravidanze—un vero simbolo di resistenza. Però, va detto: tutte queste interpretazioni passano attraverso i nostri occhi moderni. E magari, chi l’ha scolpita, voleva dire qualcosa di completamente diverso. Solo che non lo sapremo mai davvero.