Storia

Un lago dalle dimensioni di New York City è scomparso in Argentina: com’è stato possibile?

Un tempo, la Patagonia argentina ospitava specchi d’acqua che sembravano eterni.

Il lago Colhué Huapí, esteso quanto una metropoli, rifletteva il cielo e nutriva la vita attorno a sé. Ora è poco più di un miraggio: una distesa polverosa che si solleva al primo soffio di vento. Il suo vicino, il Lago Musters, lotta per non seguirlo nella stessa sorte, ma il tempo stringe.

Chi vive qui ricorda bene i giorni in cui l’acqua era un elemento certo, quasi scontato. I pescatori lanciavano le reti, i bambini giocavano sulla riva, gli allevatori conducevano il bestiame verso le sponde per abbeverarsi. Oggi, invece, il vento porta con sé polveri sottili, i campi si crepano e le tempeste di sabbia oscurano il cielo. Il cambiamento è stato rapido e impietoso, frutto di una combinazione letale di siccità, cattiva gestione e infrastrutture inadeguate.

Luis Kruger, un anziano allevatore, non ha più il suo piccolo paradiso sulle rive del Colhué Huapí. L’aria che respira è densa di particelle che gli hanno rovinato i polmoni, costringendolo a lasciare la sua terra. “Era la nostra casa, la nostra vita,” racconta. “Ora è un deserto.” Il suo racconto è quello di molti: una storia di perdita, ma anche di lotta per evitare che il disastro si ripeta con l’ultimo lago rimasto.

Nel frattempo, a chilometri di distanza, le città costiere dipendono ancora dall’acqua del Lago Musters, ormai un serbatoio sempre più fragile. Più di mezzo milione di persone ne bevono l’acqua, inconsapevoli del fatto che, a ogni estate, il livello si abbassa un po’ di più. Se il lago sparisse, intere comunità rimarrebbero senza risorse idriche.

L’Acqua che scompare

Ma la siccità non è l’unico colpevole. L’agricoltura locale assorbe enormi quantità d’acqua per irrigare i pascoli, spesso in modo inefficiente. Studi recenti mostrano che l’acqua prelevata per l’irrigazione è sette volte superiore a quella destinata al consumo umano. Eppure, nonostante questi numeri allarmanti, le perdite lungo gli acquedotti fanno sì che molta di quest’acqua venga sprecata prima ancora di arrivare a destinazione.

Il problema è aggravato dal cambiamento climatico: le Ande, che un tempo garantivano un afflusso costante d’acqua grazie allo scioglimento delle nevi, si stanno riscaldando rapidamente. Entro il 2050, si prevede che la quantità di neve si ridurrà quasi della metà, lasciando il fiume Senguer – e i suoi laghi – senza la loro principale fonte di approvvigionamento.

Lago salato in Argentina
Il lago scomparso in Argentina (Depositphotos Foto) – www.qrios.it

Una diga per il futuro?

Tra le soluzioni proposte, una spicca per ambizione: la costruzione di una diga a monte del Lago Musters, il cosiddetto Azud Lago Fontana. Il progetto dovrebbe regolare il flusso del fiume e limitare le perdite, garantendo stabilità alla regione. Tuttavia, i costi sono enormi e, per ora, il cantiere esiste solo nei documenti governativi. Mentre la politica temporeggia, la natura non aspetta.

Nel frattempo, il malcontento cresce. Un gruppo di cittadini ha fondato il movimento Abrazo El Musters, chiedendo più trasparenza e azioni concrete. Guille Gettig, una delle attiviste, teme che il futuro della Patagonia sia segnato: “Se non troviamo una soluzione, sarà la fine. I nostri figli non avranno altra scelta che andarsene.” Il vento continua a soffiare sulla polvere dove un tempo scintillava l’acqua. Se non si troverà un modo per invertire la rotta, la Patagonia rischia di diventare un avvertimento vivente di cosa succede quando la natura presenta il conto.