L’aborto è l’interruzione della gravidanza prima del termine fisiologico (9 mesi), cioè prima che l’embrione sia in grado di condurre una vita extra uterina, e può avvenire spontaneamente o volontariamente. Occorre dunque distinguere l’aborto spontaneo, ossia quando l’interruzione della gravidanza non dipende dall’intervento umano, e l’aborto provocato, ossia quando l’interruzione della gravidanza è indotta da tecniche mediche.
Nonostante il diritto all’aborto sia ancora diffusamente discusso, sempre più donne in tutto il mondo rivendicano come sia loro la propria scelta di mandare avanti la gravidanza. Infatti, esistono diverse ragioni tra cui, l’educazione o il lavoro, che impediscono a una donna di poter portare a termine una gravidanza; il fatto che un bambino dovrebbe essere voluto; una precaria condizione finanziaria che impedisce la possibilità di rendere dignitosa la vita di un bambino; la riluttanza del partner ad avere un figlio in quel momento o il fatto di avere già abbastanza figli oppure di non voler essere una madre single.

Paesi che sono favorevoli all’aborto e quelli meno
Nella maggior parte dei Paesi Europei l’aborto è consentito su richiesta della donna senza restrizioni, salvo quelle imposte dalle settimane di gravidanza e, nel caso la ragazza sia minorenne, dall’autorizzazione dei genitori. In Italia è possibile interrompere volontariamente una gravidanza entro le prime 9 settimane di gestazione tramite la RU486, detta anche pillola abortiva. L’aborto chirurgico è meno praticato e se ne ricorre entro i primi 90 giorni di gestazione, questo intervento è regolamentato dalla legge 194/78.
Più complessa è la situazione in Polonia che consente l’aborto solo in tre casi, ossia quando la vita della madre è in pericolo, in caso di stupro e grave malformazione del feto. In Finlandia, Gran Bretagna e Islanda è permesso abortire, oltre che per stupro e malformazione del feto, nel caso in cui una donna voglia preservare la propria salute mentale e fisica o a causa della propria condizione economica.
Malta è l’unico Stato dell’Unione Europea a proibire l’aborto senza eccezioni: l’aborto viene punito con la reclusione da 18 mesi a 3 anni. L’unico caso in cui è possibile interrompere la gravidanza sul territorio maltese è quello in cui la donna stia rischiando di morire. Regole simili a San Marino, Stato in cui l’aborto viene punito con la reclusione da 3 a 6 anni, non solo per la donna che abortisce, ma anche per i soggetti che l’aiutano a compiere l’atto. L’interruzione della gravidanza è proibita anche nella Città del Vaticano.
Nel resto del mondo

In molti Paesi del Sud America, dell’Africa, del Medio Oriente e del sud-est asiatico l’aborto è strettamente limitato dalla legge. Angola, Egitto, Gabon, Guinea-Bissau, Madagascar, Senegal, Iraq, Laos, Isole Marshall, Filippine, Repubblica Dominicana, El Salvador, Haiti e Nicaragua sono solo alcuni dei paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza di una donna non è consentita nemmeno nel caso in cui la vita della gestante sia in pericolo. Condizione che invece la autorizza, fra gli altri, in Nigeria, Somalia, Libia, Sudan, Afghanistan, Bangladesh, Paraguay, Venezuela e Indonesia.
In quest’ultimo Paese l’aborto è permesso anche in caso di stupro e malformazioni del feto, come anche in Messico, Cile e Panama. Principalmente sono le due condizioni, unite all’incesto, che spesso giustificano e permettono l’interruzione volontaria di gravidanza anche quando è vietata dalla legge: fra gli altri Nuova Zelanda, Algeria, Eritrea, Gambia, Namibia, Seychelles, Sierra Leone, Israele, Colombia e Giamaica.
La Turchia e la Tunisia sono i soli due Paesi nei quali l’aborto può essere praticato nelle prime 10 settimane per motivazione differenti. La differenza principale rispetto ai Paesi Occidentali è che in caso di aborto la donna deve ottenere il consenso preventivo del marito. In India l’aborto è vietato, ciò nonostante vengono spesso praticati aborti nei confronti di feti di sesso femminile detto anche “aborto preselettivo”. L’aborto selettivo è legato principalmente a ragioni socio-economiche, in quanto un figlio maschio può portare avanti il nome della famiglia, mentre una figlia femmina diventa proprietà di un’altra famiglia e necessita inoltre di una dote molto elevata.
L’aborto è un tema ancora fortemente dibattuto in molti Paesi del mondo, nonostante esso sia da considerarsi un fondamentale diritto umano. La negazione del diritto d’accesso a un aborto sicuro è da considerarsi una violazione del diritto alla salute. Dunque una legge che criminalizza i servizi a garanzia della salute sessuale della donna è da considerare come una piena violazione dei diritti umani.