C’è uno stereotipo che è davvero difficile abbattere nell’immaginario collettivo: quello del Medioevo come età oscura. Complici il cinema, la televisione e la letteratura, l’idea che abbiamo di quegli anni è popolata da guerre, pestilenze, carestie e uomini… sporchi. E, come se non bastasse, quando parliamo di concetti retrogradi e da ignoranti, è diffusa l’espressione: “Non pensavo fossimo ancora nel Medioevo!”
È ora però di scardinare questo luogo comune. Raccontare un millennio di storia, un’epoca lunghissima di costumi e tradizioni, è certamente molto difficile. Ci concentreremo perciò su una cosa che, comunemente, non è associata all’antichità: la cosmesi. Sì, esisteva il make up, l’attenzione all’igiene personale, ed esistevano donne che si occupavano di tutto ciò. Loro erano le medichesse.
Le Mulieres Salernitanae, le medichesse più note del Medioevo
Mentre oggi alcuni fanno ancora fatica a declinare certi mestieri al femminile, nell’epoca medievale le medichesse erano donne che godevano di un certo prestigio. Le medichesse, in breve, non solo conoscevano l’arte della medicina, ma anche della cosmesi, e per questo vivevano a corte a servizio dei potenti. Un giorno erano convocate per curare le ferite da guerra dei re, il giorno seguente dovevano occuparsi di tingere di biondo i capelli della regina. Un po’ dottoresse, un po’ estetiste, un po’ parrucchiere.
Tra le medichesse più famose c’erano le Mulieres Salernitanae, donne che si formavano e operavano nell’ambito della Scuola medica di Salerno, la prima e più importante istituzione medica d’Europa nel Medioevo e una sorta di università ante litteram. La scuola, infatti, non precludeva l’esercizio della professione medica alle donne!
Tra le personalità di spicco delle Mulieres vi sono Trotula de Ruggiero, Rebecca Guarna, Abella Salernitana, Mercuriade, Costanza Calenda. Il loro lavoro è arrivato fino ai nostri giorni soprattutto per il loro impegno teorico e la stesura di testi su medicina e cosmesi.

Il corpus più ricco giunto a noi è quello di Trotula de Ruggiero, vissuta presumibilmente tra l’XI secolo e il XII secolo. Sulla sua vita si hanno poche e confuse e informazioni, ciò che sappiamo però è che Trotula de Ruggiero avrebbe aperto le strade della medicina alla ginecologia e all’ostetricia, e che le sue pratiche sono sopravvissute per secoli dopo di lei. La sua fama nel mondo antico era tale che apparse anche come personaggio leggendario nei Racconti di Canterbury di Chaucer.
Ma c’è un altro scritto che ci racconta come le donne si truccavano, qual era la loro “skin care”, come lavavano e pettinavano i capelli, il “De Ornatum Mulierum”. Il testo è un vero e proprio tesoro per comprendere quali fossero gli standard di bellezza e, soprattutto, come trasformavano elementi naturali in trucchi e creme per il corpo.
Make up, capelli e skin care nell’XI secolo
Ad esempio, le donne dell’XI secolo preferivano un incarnato molto bianco, perciò applicavano una sorta di fondotinta che realizzavano con erba marina bollita con albume, a cui poi si aggiungeva brasiletto e polvere di allume. Poi rendevano più rosse le guance applicando dello zafferano. Prima del trucco, però, veniva applicata una crema per il viso, realizzata con zenzero e uova. Anche il grasso di animale, solitamente quello di maiale, veniva utilizzato per creare diversi tipi di creme per il corpo.
Molta attenzione veniva data anche ai capelli. Le donne, in particolare le dame, quelle più ricche, pettinavano i capelli con una lasciva a base di chiodi di garofano, noce moscata, cardamomo, e galanga, tutti pestati e sciolti in acqua di rose. Inoltre erano solite nascondere muschio e chiodi di garofano tra i capelli, per coprire i cattivi odori. Poi, le tinte! Trotula ha trascritto diverse ricette per diversi colori con cui tingere i capelli, tra questi il biondo, forse il più alla moda al tempo. Per ottenere i capelli biondi, le medichesse realizzavano un mix di radice di robbia e comune, aggiunto a un olio ottenuto con cumino, celidonia e croco (piante spontanee facilmente trovabili). Si lasciava agire il composto una notte sulla testa, e poi si lavava via con lascivia di ceneri di cavolo e crusca d’orzo.
Un altro modo per ottenere i capelli biondi era la lascivia di nero di vite, pula di orzo, radice di liquirizia (per lucentezza ai capelli) e pane, da far bollire e poi filtrare con un vaso bucherellato. Va aggiunto che fino all’XI secolo le donne portavano i capelli lunghissimi, e se non crescevano attaccavano anche dei capelli finti (sì, proprio come delle extension!) intrecciati in lunghe ed elaborate trecce. La morale cristiana, tuttavia, pose un freno alla libera fantasia delle donne. La Chiesa infatti decretò severe leggi contro il lusso delle pettinature e degli ornamenti sulla testa.

Anche nel Medioevo ci si depilava!
Sorprenderà invece sapere che le donne del medioevo si depilavano. Una procedura lenta, complicata e a volte pericolosa. Prima di tutto, le donne dovevano preparare la pelle con dei bagni di vapore. Le medichesse mettevano a cuocere circa 30 grammi di calce viva e 10 grammi di opimento, ottenendo una sorta di crema depilatoria. Questa, però, poteva causare serie ustioni, così le medichesse preparavano il cosiddetto “populeon”, preparato con 350 grammi circa di gemme di pioppo, pestate e unite al grasso di maiale. Il composto veniva modellato in compresse e lasciato a riposo due giorni. Contemporaneamente, venivano preparate altre compresse a base di papavero e mandragora; il tutto poi era messo a bollire con il vino.
Questi testi sono un vero e proprio tuffo nella vita di una donna medievale, uno sguardo alla loro intimità. Una dimensione spesso lasciata da parte dalla storiografia, vale la pena perciò di riprendere in mano i testi delle medichesse. Uno sguardo inedito e diverso su un’epoca storica che vive di luoghi comuni.