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Bete Giyorgis: una Gerusalemme scavata nella roccia

La Chiesa di San Giorgio, conosciuta anche come Bete Giyorgis, è una delle undici chiese monolitiche scavate nella roccia a Lalibela, in Etiopia. Tra tutte le chiese di Lalibela è indubbiamente la più scenografica e la più conosciuta. Meta indiscussa di numerosi turisti che ogni anno giungono in Etiopia per ammirarla, Bete Giyorgis è stata definita “l’ottava meraviglia del mondo”.

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Lalibela: la storia e le origini del nome

Durante il regno di Gebre Mesqel Lalibela (un membro della Dinastia Zaguè, che governò l’Etiopia tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII secolo), l’attuale città di Lalibela era conosciuta come Roha. Il re santo fu chiamato così perché uno sciame di api lo cinse alla nascita, cosa che sua madre interpretò come segno del suo futuro regno come imperatore d’Etiopia. Il suo nome, infatti, significa letteralmente “le api riconoscono la sua sovranità”.

Lalibela, venerato come santo, visitò Gerusalemme e volle così costruire una nuova Gerusalemme come sua capitale in risposta alla conquista dell’antica Gerusalemme da parte dei musulmani, nel 1187. Ogni chiesa della città è stata scolpita in un unico blocco di roccia a simboleggiare spiritualità e umiltà. Alla fede cristiana si ispirano molti aspetti del luogo, a cui sono stati attribuiti nomi biblici: anche il fiume di Lalibela è conosciuto come il fiume Giordano. La città rimase capitale dell’Etiopia dal tardo XII al XIII secolo.

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Il primo europeo a vedere queste chiese fu l’esploratore portoghese Pêro da Covilhã (1460-1526). Al sacerdote Francisco Álvares, che accompagnava l’ambasciatore portoghese durante la missione di questi presso il re d’Etiopia Lebna Dengel nel 1520, si deve una descrizione dell’immane meraviglia suscitata dalla straordinaria chiesa di Lalibela.

“Non mi affanno a scrivere di più su questi edifici, perché non sarei creduto se ne scrivessi ancora… Ma giuro su Dio, nel cui potere io sono, che tutto ciò che ho scritto è la verità.”

Francisco Álvares

L’ottava meraviglia del mondo: la più spettacolare delle chiese

Rappresentando l’apogeo della tradizione scavata nella roccia, la Bete Giyorgis è la chiesa visivamente più perfetta di tutte: un piedistallo a tre livelli a forma di croce greca, una forma perfettamente proporzionata che non richiede pilastri interni. A causa della sua eccezionale conservazione, è priva di una copertura invadente vista sulle altre chiese. All’interno, la luce filtra dalle finestre e illumina le grandi croci del soffitto: bellezza nella semplicità.

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Situata a 15 metri circa di profondità, la Bete Giyorgis è di gran lunga la più spettacolare delle undici chiese. Modellato dall’interno all’esterno, è un unico pezzo di pietra ininterrotto. E’ stata scolpita verso il basso da un tipo di tufo vulcanico: questo è l’unico materiale architettonico utilizzato nella struttura. La Chiesa di San Giorgio è collegata alle altre chiese di pietra sommerse attraverso una serie di tunnel elaborati.

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Al primo approccio il sito appare del tutto inaccessibile, con strapiombi su ogni lato e nessun ponte di accesso. Vi si accede tramite un canyon antropizzato molto stretto, a spirale discendente, che si trasforma in un cunicolo vicino alla chiesa, per occultarne ulteriormente la presenza. I pellegrini morti dopo aver raggiunto il sito sono posti in una semplice tomba aperta sulle pareti esterne.

All’interno della chiesa c’è una tenda che fa da scudo al Sancta Sanctorum e un sacerdote che espone libri e dipinti ai visitatori. All’ombra di uno dei bracci della chiesa a forma di croce c’è una replica dell’Arca dell’Alleanza.

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La leggenda dietro alle origini della Chiesa di San Giorgio

Ci sono due versioni della storia sulla costruzione della Chiesa di San Giorgio. La prima narra che la chiesa fu costruita dopo la morte di Lalibela (c. 1220) dalla sua vedova, come memoriale del “santo re”. L’altra versione è alla base della storia culturale etiope: Bete Giyorgis fu costruita dopo che il re Gebre Mesqel Lalibela ebbe una visione in cui gli fu ordinato di costruire la chiesa; San Giorgio, (sconvolto dal non avere una chiesa dedicata a sè) e Dio sono stati entrambi indicati come coloro che gli diedero le istruzioni.

La città di Lalibela è completamente isolata dal mondo moderno. Senza veicoli a motore, distributori di benzina o strade asfaltate, la città svolge i suoi affari come ha fatto per centinaia di anni. Il rito religioso è centrale nella vita della città: un decimo della sua popolazione è dedita al sacerdozio. Le undici solide chiese rupestri, sulle colline non lontane dalla città, fanno di Lalibela uno dei luoghi più sacri dell’Etiopia. Oggi il sito è considerato uno dei centri di pellegrinaggio per i cristiani etiopi. Questo contesto, combinato con l’architettura religiosa e la semplicità dello stile di vita della città, conferisce a Lalibela “un’atmosfera distintamente senza tempo, quasi biblica”.